A proposito di Intelligenza Artificiale
CITTÀ DEL VATICANO , 22 luglio, 2017 / 12:30 AM
Quando un uomo può essere definito uomo? È la domanda cruciale del futuro, e si ritrova, come in un filo rosso, in due eventi che sembrano quasi rappresentare l’uno la continuazione dell’altro: il Cortile dei Gentili, lo scorso 11 luglio, ha ospitato un dibattito su “Intelligenza artificiale: una sfida etica”; la Pontificia Accademia per la Vita, nella prima plenaria con i nuovi membri che si terrà a settembre, sceglie come tema “Accompagnare la vita: nuove responsabilità nell’era tecnologica”.
E se il secondo tema fa subito pensare alla drammatica vicenda di Charlie Gard, e il primo fa pensare al futuro degli uomini cyborg, è chiaro che la domanda resta sempre quella originaria sull’uomo. Una domanda che si ripropone sia quando la vita degli esseri umani dipende a volte dalle macchine, sia quando sono le nuove tecnologie a prendere sempre più piede nella vita.
Guardando al dibattito che si è tenuto a Palazzo Borromeo, sede dell’Ambasciata di Italia presso la Santa Sede, si può pensare che il problema riguardi solo l’incidenza dell’intelligenza artificiale nella società. Non sono mancati, nell’incontro, riferimenti alle tre regole della robotica di Isac Asimov, ai romanzi di fantascienza, alla robotica e alla domotica, che ormai ha sempre più impatto.
Il Cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura e alla guida del progetto di dialogo con non credenti voluto da Benedetto XVI, ci ha tenuto a sottolineare che l’incontro voleva parlare dell’impatto dell’Intelligenza Artificiale sull’umanità dell’uomo, ricordando la nazione del “transumanesimo” per cui “l’umano non è più il risultato dell’espressione dell’uomo bensì il risultato dell’ibridazione dell’uomo con le alterità non umane”.
E questo è un tema così cruciale che sono stati centinaia, i ricercatori di tutto il mondo – incluso Stephen Hawking – a firmare la dichiarazione promossa dal Future of Life Institute che metteva in guardia dai rischi di un utilizzo incontrollato dell’Intelligenza Artificiale.
Non solo. Il passaggio verso il mondo transumano viene fatto attraverso passaggi lievi. Da notare che, di recente, è stata magnificata sui media la scelta promossa da una azienda svedese di introdurre un microchip al posto del cartellino nei suoi dipendenti.
Erano articoli densi di vago ottimismo, che si accompagnavano anche all’uscita nelle sale cinematografiche del film The Circle, che aveva con oggetto proprio il controllo di una azienda sui dipendenti.
Non va dimenticato che il verichip, ora applicato principalmente sugli animali, nasce per scopi umani, così come i tanti progetti di uomini cyborg, che nascono soprattutto per scopi bellici e poi vengono portati in campo civile.
Sono, insomma, tantissimi i temi in gioco. Se l’intelligenza Artificiale può arrivare, un giorno, a ricostruire un occhio danneggiato, quali sono le ricadute etiche se questa viene usata per implementare per scopi di guerra le funzionalità di un occhio sano?
Ma la domanda sullo sfondo resta sempre l’uomo, e la sfida etica che si propone con l’uso delle nuove tecnologie. Daniele Mancini, ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede, ha sottolineato che “la quarta rivoluzione industriale sta cambiando non solo il cosa facciamo, ma anche chi siamo. Scompagina la nostra identità in modi che sono al di là della nostra immaginazione”.
Non solo. Queste nuove tecnologie portano con sé il rischio di tecnocrazia, ovvero di una società dominata dalla possibilità tecnologica, stigmatizzata da Benedetto XVI nell’enciclica Caritas in Veritate, ma anche in moltissimi altri pronunciamenti papali.
E si arriva qui al tema che sarà discusso dalla plenaria della Pontificia Accademia per la Vita. Come evitare il rischio di tecnocrazia, ma riuscire ad accompagnare la vita? Quali sono le nuove responsabilità dell’essere umano? Sono queste le domande di oggi, che ci proiettano direttamente nel futuro.
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