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Guareschi visto da Guccini

Posted on mag 19, 2022 by in Opere in concorso | 0 comments

GIOVANNINO GUARESCHI E L’EMILIANITÀ

Testimonianza rilasciata da Francesco Guccini al nostro “inviato speciale” Roberto Cherchi il giorno 5 giugno 1997 nell’albergo «Italia» di Cagliari

D) La conferenza che hai tenuto ieri nell’Aula Magna della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Cagliari per presentare i tuoi tre romanzi Vacca d’un cane, Macaronì e Cronache Epafaniche era intitolata Scrivo dialetti. Di un tuo conterraneo, Giovannino Guareschi, c’è stato chi ha scritto che pensava in dialetto ma scriveva in italiano.

R) Sicuramente Guareschi parlava dialetto a casa perché allora tutti parlavano dialetto. Non so quanto lo parlasse anche perché, se non ricordo male, la madre era una maestra…. Però sicuramente lo parlava. Mia madre parla ancora dialetto con le sorelle; mio padre parlava dialetto, anche se non era emiliano, con i suoi genitori e le sorelle. Allora c’era l’abitudine di parlare dialetto quindi è abbastanza facile che Guareschi pensasse in dialetto, cosa che non è successa a noi perché io, per esempio, ho sempre parlato in italiano. lì dialetto lo conosco, Io parlo ma, come dicevo ieri, non saprei scriverlo perché mi mancano la prontezza e la freschezza. Quindi lo uso in modo molto diverso. Guareschi, che doveva essere più o meno coetaneo di mio padre che è del 1911, aveva delle idee tutte sue, particolari…. Per esempio non voleva il bagno in casa perché era abituato come i contadini di una volta.

D) Diceva che non si vergognava a chiamarlo cesso. Nella Bassa lo si chiama cesso ma lo si tiene fuori di casa; altrove lo chiamano toilette o in altri modi simili ma è sistemato vicino alla stanza dove si mangia o dove si dorme. Naturalmente c’è dell’umorismo.

R) Si, l’umorismo ce lo aveva… Per me, onestamente era un reazionario; un simpatico reazionario ma reazionario. Era cocciuto come tanta gente della Bassa. Io la Bassa la conosco poco; io conosco Carpi che è nella zona. Carpi è il paese di mia madre e nel dopoguerra, finite le vacanze, ogni tanto andavo a Carpi…. Ne parlo anche in Cronache Epafaniche… La prima volta che sono andato a Carpi c’era… questa vita diversa… Carpi è una cittadina dove la gente abitava in condominio… Io mi chiedevo: «Ma come? Tutta la gente in una casa sola?». Perché io ero abituato ad avere una casa sola per un’intera famiglia. Poi il fatto di dover andare a far la spesa tutti i giorni.. questo fatto mi schienava… perché da bambino, dai miei nonni, la spesa la si faceva una volta alla settimana. Perché, a parte che i negozi erano distanti, la maggior parte delle cose l’avevamo noi in casa. Guareschi forse ha vissuto in questo tipo d’ambiente.

Per quanto riguarda la Bassa lui insiste molto su questo sole estivo, su quest’afa opprimente, su questo sole da Messico…. Questo panorama piattissimo… Poi i pioppi… si posso ricordare i pioppi che sono una presenza costante nella Bassa, vicino agli argini del fiume. Poi gli olmi, che adesso non ci sono più perché una malattia li ha sterminati. Gli olmi servivano per far appoggiare i tralci delle viti. Poi il lambrusco che è considerato un “non vino” dai non emiliani. Nota che il lambrusco è emiliano. Lo dico perché una volta un giornalista ha scritto di me: «Guccini, questo simpatico romagnolo che vive a Bologna e beve lambrusco». Allora: gli errori sono diversi… Anzitutto gli emiliani non sono romagnoli e quindi…

D) In un suo racconto Guareschi distingueva bene tra emiliani e romagnoli. E don Camillo diceva al Cristo : «Gesù ricordatevi che egli è romagnolo».

R) Sì, sentiamo una forte differenza di etnia. Ma c’è una ragione. Dicevo ieri che i romagnoli mangiano pecora, agnello e castrato mentre noi emiliani mangiamo il maiale. Gli emiliani sono Celti, i romagnoli Bizantini. Sono proprio etnie diverse. Ovviamente è una distinzione di comodo perché poi ci sono state le mescolanze. . Però qualcosa di vero c’è.

Tornando a quel che scrisse quel giornalista va detto che i bolognesi non bevono lambrusco; bevono vini romagnoli come l’Albana. I modenesi, i reggiani ed i parmigiani, o parmensi, bevono lambrusco. lì lambrusco è considerato una specie di religione. E’ un vino particolare. Ci sono tre tipi di lambrusco: Sorbara, Castelvetro e Salamino Santa Croce. Questo per i modenesi perché per i reggiani e i parmigiani le cose sono diverse. Parmigiani o parmensi. . quelli di città sono i parmigiani mentre i parmensi sono quelli del contado. Il parmigiano vero lo chiamano «Pramsan dal sass» ossia «Parmigiano del sasso» che non so bene cosa sia ma credo indichi il nucleo centrale di Parma. Guareschi è parmense e parmigiano perché ha lavorato a Parma alla Gazzetta.

D) Guareschi ha sentito forte l’attaccamento alle radici. Ha lavorato a Milano alla Rizzoli ma poi è tornato alla Bassa.

R) A Milano stava male. lo ho letto anche le ultime cose uscite adesso, le antologie curate dai figli, Carlotta ed Albertino, che credo abbiano grosso modo la mia età. Sì, Guareschi era profondamente legato a certe tradizioni. lì lambrusco.. Ogni tanto anche don Camillo ne tira fuori una bottiglia, come anche Peppone…

D) …. e non deve mancare il culatello…

R) Ah, il culatello! .. Io ho un cugino a Carpi che quando vado a trovarlo prima stappa e poi mi saluta…. Sono curiosi questi due personaggi, don Camillo e Peppone. Nascono in un periodo di fortissimi problemi politici, soprattutto nella nostra zona. C’era un fortissimo comunismo, proprio feroce, la gente veniva anche uccisa. Per me Guareschi ha gettato una specie di pacificazione. Sono due personaggi così caratteristici e così forti tutti e due.. Ecco: un altro tema, che poi è tipicamente di campagna, è quello della forza fisica. La forza personale serve a fare delle imprese, a trasportare delle cose: rompere un mazzo di carte, tirare su una tavola e gettarla via… È un’atmosfera tipica di quegli anni. Erano tutti armati ed ancora oggi trovano dei depositi d’armi risalenti a quei tempi. Erano tempi molto cattivi: o eri comunista, e lo eri ferocemente, o eri anticomunista e Io eri altrettanto ferocemente. lo, per esempio, venivo da una famiglia “bianca” e, da ragazzino, ero ferocemente anticomunista. Perché o eri da una parte o eri dall’altra, non c’era soluzione. Per me Guareschi ha contribuito un po’ a pacificare quell’ambiente.

D) La lingua che usava era molto antiletteraria.

R) Senz’altro: era molto antiletteraria, molto semplice. Usa dei dialettalismi come balengo, delle forme davvero antiletterarie. È stato snobbato dalla critica perché credo che allora gli intellettuali sentissero in altro modo quella divisione di forze di cui parlavamo. Quando parlo di intellettuali parlo di comunisti. C’era, tutto sommato, una formazione togliattiana che voleva il rigore… Se ben ricordo Vittorini se ne andò proprio perché non voleva fare il pifferaio della rivoluzione e del partito. Ciò che non era ortodossissimo veniva bollato e tra le altre cose anche questo tentativo che però non credo Guareschi abbia voluto fare consciamente.

    Un’altra rubrica interessante, al di là di don Camillo, per spiegare questa divisione feroce allora esistente appariva sul Candido che mio padre comprava regolarmente. Era il Visto da destra – Visto da sinistra; credo che con Guareschi la tenesse Mosca. Era divertente perché sui giornali quelle cose si leggevano davvero. Loro naturalmente avevano quella vena ironica che portava ad esagerare le cose come fa Fantozzi quando per dire che c’è molto caldo afferma che ci sono «quattromila gradi Fahrenheit».

D) Un tema importante mi pare che sia quello della difesa di un mondo che scompare. Prima tu hai detto che Guareschi era un reazionario. lo però lo vorrei considerare più un conservatore che un reazionario. Lui teme l’annientamento di certi valori, anche se sa che quell’annientamento è inevitabile…

R) Sì, è vero. Se ricordo bene non voleva gli elettrodomestici: la lavatrice in casa non entra Anche la cameriera… Ecco: per esempio lei usa molti dialettalismi! La cameriera dice «me», dice «lui» anziché «lei». Certo… sono dialettalismi di chi traduce, male, in italiano dal dialetto. Mia madre mi raccontava sempre del suo maestro elementare, pensa un po’, che diceva: «Non bisogna mettersi dietro le porte perché si prendono degli sburloni.» In dialetto sburlone vuoi dire urto. Ci sono molte forme di traduzione dal dialetto.

    Guareschi secondo me intuì, per dir così, l’imminente disfacimento morale. C’è un crollo di valori nei giovani d’adesso. Ad esempio : se io andavo a casa d’un mio amico ero rispettosissimo verso i suoi genitori. Dicevo «Buongiorno signor Tale, buongiorno signor Talaltro». Ero intimidito dalla presenza dei genitori del mio amico. Ora mia figlia porta a casa cinque o sei amiche che vanno avanti ed indietro per tutta la casa e, se va bene, mi saluta una sola di loro; le altre nemmeno mi guardano. Ora non dico che questo sia un crollo di valori; è un altro atteggiamento…. Per me Guareschi aveva intuito questo fatto e difendeva la sua vecchia educazione, il vecchio rispetto. Il montanaro direbbe la «prudenza» che vuole dire rispetto dell’intimità e delle cose altrui. In Guareschi ci sono diversi episodi del genere. Per esempio: sente un gergo che non gli è famigliare e ci ironizza sopra. All’epoca si usava una bruttissima parola, matusa, per dire degli anziani. Non so neppure se sia stata davvero adoperata ; la hanno presa i giornali ed è entrata nel linguaggio comune. Ecco in Guareschi c’è un racconto…

D) Forse è in Don Camillo e i giovani d’oggi.

R) Non solo.. Anche in un racconto con la cameriera che si chiamava….

D) Giò.

R) Sì, Giò. Era un racconto su un sorpasso…. Lui sentiva questo cambiamento di un mondo che in qualche modo gli era caro.

D) C’è ancora un altro elemento. Dal punto di vista religioso il Concilio Vaticano II° per Guareschi fu un colpo duro perché eliminò il latino dalla Liturgia. Quando è morto è stato seppellito con una Messa in latino.

R) .. Io faccio parte di un’Accademia nata a Porretta Terme, E’ un’Accademia sorta nel Settecento che abbiamo ripristinato un po’ per giocarci ed un po’ per riunire degli studiosi , di storia soprattutto, della zona: pistoiesi, modenesi e bolognesi. La nostra protettrice è Santa Maddalena. Ogni anno quando ci riuniamo, una delle ultime domeniche di luglio, dato che c’è anche un prete viene detta Messa. Qualcuno degli Accademici ha proposto che la si dica in latino. Anche Guareschi era sicuramente attaccato a queste tradizioni, ad un mondo che proprio allora stava cambiando.

D) Infatti. Muore nel 1968.

R) Già. Non dimentichiamo che proprio in quegli anni c’è un grande cambiamento dell’Italia, di quell’Italia alla quale lui era molto attaccato. Inoltre era monarchico…

D) La Monarchia è un elemento che lui vedeva come unificatore, molto più della Repubblica.

R) Ah si.. Ma ce ne ha tante di cose… La vecchia maestra che vuol esser seppellita con la bandiera con lo stemma sabaudo….

D) Oltre al fatto della conservazione del dialetto c’è la difesa del paese, del mondo agricolo.

R) Sì, il mondo agricolo… Può sembrare un controsenso ma lui amava molto i motori. Invece non è un controsenso perché proprio allora il mondo agricolo scopre le macchine e le adopera. Però la lavatrice no…. quella è una diavoleria americana, che lui non apprezza…. Anzi.. sai com’è chiamata in Romagna la motocicletta? E motor cioè il motore. Sì per loro il motore è la motocicletta, per antonomasia. Un’altra cosa curiosa che mi viene in mente parlando… I romagnoli dicono che si capisce quando uno lascia l’Emilia per entrare in Romagna perché in Emilia se ci si ferma ad un casolare per chiedere da bere ti danno dell’acqua mentre se fai la stessa cosa in Romagna ti danno del vino. In Romagna il vino lo chiamano e ber cioè il bere per antonomasia.

D) Finora Guareschi non ha avuto molto dalla critica italiana, anche per motivazioni politiche ovviamente. Secondo te vale la pena rileggere la sua opera per capire una certa epoca ed un certo ambiente?

R) Guarda … Ti dico due persone che hanno amato in maniera diversa Guareschi. Uno è stato Franco Bonvicini, Bonvi, che lo amava davvero forsennatamente. L’altro è Michele Serra. Come vedi due persone con punti di vista molto diversi. Poi c’è un professore di Bologna, Marri, che prende certi scrittori emiliani e li presenta ai suoi studenti, alcuni sono stranieri e non so cosa possano capirne… Ha fatto lezioni sul mio Vacca d’un cane, su Storie del bar ed anche su Guareschi. Prende la lingua di Guareschi, ad esempio, e la spiega. Insegna Storia della lingua italiana. Poi ho letto un interessante libro di Ivanna Rossi proprio sul mondo di Guareschi. Inoltre qualche tempo fa mi hanno chiesto, per una rivista dei Beni Culturali di Bologna diretta dal professor Raimondi, se penso che ci sia un’emilianità di base tra gli scrittori della pianura. In effetti c’è davvero qualcosa: Pederiali, Tondelli, anche se non ho letto molto di lui; poi i vecchi come Delfini a Modena…. Sì qualcosa c’è ma è come quando si parla di cantautori: i giornali si sono inventati la scuola genovese, quella romana e poi la bolognese, la milanese e la napoletana. Ora: non c’è una scuola vera e propria come quella di poeti del Dolce Stil Novo che avevano in comune un’idea data da situazioni politiche e sociali precise. Però è chiaro che vivere in un certo ambiente in qualche modo ti influenza e quindi descrivi certi odori, descrivi certi colori e descrivi certi paesaggi che non possono essere che quelli…

D) A tale proposito un critico ha scritto che i racconti di Guareschi puzzano di salame e di lambrusco…

R) Ma non è mica un brutto puzzare! L’atmosfera è quella. Anch’io in Vacca d’un cane parlo dei negozi di alimentari e del lambrusco; c’è un capitolo apposta, dedicato all’argomento. Quando in ottobre andavo a casa dei miei nonni carpigiani sentivo subito, appena entrato dal portone, un forte odore di vino: stavano svinando. Quando andavo dagli amici che imbottigliavano c’era l’atmosfera delle prime nebbie, dei moscerini che danzavano impazziti contro le lampade dalla luce fioca. Si affettavano ciccioli, salame e prosciutto; si faceva il cosiddetto gnocco fritto. Queste erano le cose caratteristiche. Ma sono già cose che un Claudio Lolli non ricorderebbe assolutamente perché è un cittadino nato negli anni Cinquanta. Queste sono cose proprie della generazione che ha vissuto il dopoguerra.

    Un’altra cosa propria di Guareschi è l’uso della bicicletta. Da noi in Emilia era fondamentale perché ti permetteva d’andare dappertutto. Tra Modena e Bologna ci sono 40 Km ed in bicicletta era normale per me farmeli sia all’andata che al ritorno. La domenica la via Emilia era intasata dalle bici di chi andava a ballare in città.

D) Anche questo rapporto tra campagna e città è particolare…

R) Sì ma per me la città è una cosa diversa. Il mio paese sta in montagna. Quando stavo a Modena si faceva ironia su quelli che venivano dalla campagna a ballare in città. Li chiamavamo Dakota come gli aeroplani da bombardamento americani proprio perché piombavano in città a nugoli. Poi a mezzanotte entrava nella balera uno che gridava «Oh v’è la curera!» ed in tre secondi la sala si vuotava perché i campagnoli tornavano in corriera al paese; noi, scherzando, dicevamo che i campagnoli in ritirata lasciavano per strada animali di piccolo taglio ed attrezzi agricoli….

D) Ieri hai detto che un noto giornalista quando ha saputo che avevi scritto Vacca d’un cane si era indignato per quel titolo. In un suo racconto Guareschi ironizzava su questo fatto dicendo che c’è chi dice mucca anziché vacca perché il primo termine è più fine, sembra più corretto. Invece a lui piaceva vacca perché lo sentiva più terragno, più “suo”.

R) Anzitutto quel giornalista, come spesso accade, parlava di una cosa, il mio libro, che non conosceva perché non lo aveva letto. Poi c’era un cabarettista, Claudio Bisio, che aveva scritto Quella vacca di Nonna Papera. Quindi di fronte a due titoli del genere il giornalista in questione si era sentito disturbato…. Ma bisogna conoscere le cose prima di parlarne; non ci si può fermare alle apparenze. Questo io glielo ho scritto al giornalista e lui, questo va detto, ha riconosciuto il suo errore e mi ha fatto le sue scuse. Quindi per me la faccenda è chiusa.

 

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