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Il difficile equilibrio tra natura ed artificio 

Posted on ago 9, 2017 by in Opere in concorso | 0 comments

Il difficile equilibrio tra natura ed artificio 
di Marzio Dall’Acqua 

Luglio 2017 due notizie quasi contemporanee gettano luce sul nostro tempo, interrompendo per un attimo il flusso di eventi che tumultuosamente coinvolgono e sconvolgono la nostra contemporaneità per aiutarci a capire il tema di questo anno del World Humor Awards. 

La prima sorprendente ed inaspettata: un fumetto va in orbita con l’astronauta Paolo Nespoli. La Panini ha pubblicato, in collabo- razione con l’Agenzia Spaziale Italiana (Asi) e l’Agenzia Spaziale Europea (Esa), il volume a fumetti ‘C’è Spazio per Tutti’. La graphic novel inedita ha per protagonista Rat-Man, perso- naggio creato dalla fantasia del fumettista Leo Ortolani. A bordo della navicella russa ‘Soyuz MS-05’, che è stata lanciata venerdì 28 luglio per la missione ‘Vita’ dell’Asi, Nespoli porterà due diverse pubblicazioni: innanzitutto la co- pertina del volume ‘C’è Spazio per Tutti’, an- cora in fase di realizzazione, e poi l’albo ‘La Stazione’, che contiene un estratto in antepri- ma dal volume e una serie di approfondimen- ti sulle attività spaziali. Si tratterà a tutti gli effetti del primo fumetto ad andare in orbita. Nespoli potrà leggerlo durante la sua perma- nenza nello spazio e anche mostrarlo agli altri astronauti a bordo della Stazione Spaziale Internazionale. 

L’altra: dopo Hunova, il robot Made In Italy di professione fisioterapista, nasce anche il bar tender di Makr Shakr, azienda torinese specia- lizzata nella realizzazione di sistemi robotici. Al momento, potrete trovare questa meraviglia tecnologica solo al Tipsy Robot di Las Vegas, un cocktail bar all’interno del quale, una vol- ta seduti, avrete modo di effettuare la vostra ordinazione tramite un iPad. A prepararvi il drink sarà proprio uno dei robot Made In Italy: dotati di braccia che simulano alla perfezione i movimenti di un bar tender, mixano, shakerano e guarniscono la vostra ordinazione con una tecnica equiparabile a quella di un professio- nista di settore. Fra i molti vantaggi di questi robot detti Galactic Ambassadors vi è la velo- 

cità costante con cui preparano fino a un mas- simo di 120 cocktail all’ora, oltre all’assoluta perfezione con cui vengono realizzati. I clienti possono ordinare qualsiasi bevanda presente sul menu, con la possibilità di sapere in antici- po quando verranno loro consegnati al tavolo. 

Ecco così viene contestualizzata la seconda edizione di questo World Humor Awards “dal Mondo piccolo al Mondo grande” dedicata al tema dell’ARTIFICIAL CULTURE, con una partecipazione di disegnatori da tutto il mondo che hanno interpretato il tema affascinante, ma anche in- quietante delle continue innovazioni tecnologi- che e scientifiche che vengono, globalizzandole, anche mutando il nostro modo stesso di essere uomini, ponendoci in un perenne ed ansiolitico conflitto con una modernità così accelerata da sconcertare, da disorientare sia per i suoi atteggiamenti seduttivi, apparentemente creati apposta per rendere più facile il vivere, sia per l’eccesso che inquina ogni prospettiva futura. Non a caso la stessa scienza economica si pone oggi, sempre più, il problema di rallentare quel- lo che da alcuni secoli viene definito “progres- so” per poterlo, in qualche modo governare. L’industria tuttavia marcia a tappe forzate verso quella fase che viene ormai definita 4.0 che prevede l’uso di soli robot in tutte i momenti di una lavorazione in fabbrica. 

Questo è il problema di base: questa innova- zione è così accelerata che ogni forma di sape- re filosofico, che un tempo aveva il compito di formare e proporre una visione del mondo da diffondere e condividere, è oggi in frantumi e sembra balbettare incapace di discorsi organici. Lo stesso vale per la morale o meglio per le diverse forme di moralità, che fluttuano in balia 

di un mare in tempesta, lontano da ogni porto sicuro garantito dalla tradizione. Per cui l’indivi- duo si trova solo e spaesato, preda di seduzio- ni, di comportamenti, di abitudini che diventano così facili da acquisire che non permettono di ricordare più il passato, incapace spesso di de- cifrare, anche in modo semplicistico, lo snatura- mento che ha subito ed al quale si lascia andare acriticamente. Immersi in una nebbia frattali di realtà. 

Questo il primo merito di questa collettiva rifles- sione sulla ARTIFICIAL CULTURE: porre, attra- verso immagini emblematiche, essenziali, che parlano all’occhio ed al cuore, prima che alla intelligenza, singoli eventi o particolari situazio- ni nelle quali siamo coinvolti quotidianamente ciascuno di noi, rivolgendosi ad ogni singo- lo individuo, mettendolo di fronte ad una sua contraddizione usando un linguaggio artistico, raffinato, allusivo, ma anche fortemente incisivo, poiché ricorre ai simboli che oggi hanno sostitu- iti quelli del sacro o delle virtù civiche. In questo tempo l’individuo si sente solo ed é a questo isolamento autistico che parlano queste vignet- te con intento ed impeto morale: non moralisti- co. Il sorriso che provocano nell’osservatore è la lieve e piacevole scossa che stacca dal noto, dal presente individuale per introdurre nella di- mensione dell’assurdo e della fantasia, per farci scoprire, alla fine, che noi stessi abitiamo quel territorio inconsapevoli e smemorati. E’ questa la scintilla che può far scaturire la consapevo- lezza della nostra condizione solitaria, certo, ma anche condivisibile e condivisa incosciente- mente con altri. E’ un modo per farci sentire non più soli e ricollegarci agli altri di cui partecipia- mo il modo di essere. Non a caso l’assurdo, o quello che apparentemente appare tale, ci mette di fronte al reale, più di quanto non facciano i linguaggi realistici.

In fondo c’è qualche cosa di romantico nel complesso rapporto con l’artificio, del quale si diffida in nome di una naturalità, anch’essa non meno sfuggente e non meno inquietante nella sua estraneità all’isola della nostra umanità che vorremmo difendere e salvare. L’uomo, lo sappiamo bene, si muove elaborando schemi di interpretazione del reale astratti nei quali viene identificando quella che vorrebbe che fosse la “natura” e il “naturale”, ma è dal primo secolo dopo Cristo, con lo Pseudo Longino autore “del sublime”, che al centro del linguaggio retorico, ma anche creativo ed artistico, sono il “pathos”, l’emotività e l’emozione. Bastano alcune battute iniziali dell’opera per farcene cogliere il carattere rivoluzionario e come potesse essere foriera, letta e riletta nei secoli con occhi e animi diversi, di una notevole fertilità di ispirazioni anche molto lontane tra loro: «il Sublime trascina gli ascoltatori non alla persuasione, ma all’estasi: perché ciò che è meraviglioso s’accompagna sempre a un senso di smarrimen- to, e prevale su ciò che è solo convincente o grazioso, dato che la persuasione in genere è alla nostra portata, mentre esso, conferendo al discorso un potere e una forza invincibile, sovrasta qualunque ascoltatore». Così la natura nelle sue manifestazioni estreme assume caratteri minacciosi, terrificanti, ma appunto per questo seduttivi ed affascinanti. E’ allora che alla bellezza incomincia a sostituirsi l’emozione, come criterio estetico. 

Ma non meno minacciati ci sentiamo dagli artifi- ci, dalla loro complessità e dalla loro estraneità alla nostra dimensione umana, anche quando sono apparentemente facili da utilizzare. Talora si avverte come una competizione tra noi e quelli che dovrebbero essere nostri prodotti, ma che avvertiamo estranei e avversari, per cui non a caso fiction e letteratura hanno già prospettato evoluzioni e dimensioni di questi scontri e conflitti, al punto da immaginare “guerre dei mondi” con le macchine che tentano di sostituire sul pianeta l’uomo. 

I robot non sono più oggetti di meraviglia, di decoro e di esibizione, il mito alchemico antropomorfo, quasi giocattoli di un mondo allegorico ed evocativo, che imita la natura, ma non sono più neanche, come voleva Descartes modelli per spiegare i meccanismi naturali, ricostruendoli nel suo inestricabile gioco di effetti ed immagini. Ora appartengono agli algoritmi che sono modalità di pensare e di calcolabilità, che essi bene rappresentano. Stanno diventando un’alterità rispetto a noi che occupa il nostro mondo con dinamiche il cui controllo diventa sempre più aleatorio e sfuggente, con la sottile seduzione di farsi accettare come normali oltre che inevitabili. Il computer e le nuove tecnolo- gie della comunicazione, con le loro ritualità ed i loro simboli diventano le nuove gabbie della nostra solitudine, proprio mentre ci illudono di avere il mondo tra le mani e alla nostra portata. 

E, come dimostra la partecipazione mondiale a questa iniziativa, con questa riflessione collettiva per immagini,”in aenigmate”, coinvolge ormai veramente tutti e ciascuno perde qualcosa non solo del proprio mondo, ma anche di sé. Personale, personalissimo è non solo lo stile di ciascun disegnatore, ma anche l’umore con il quale esprime quello che comunque è un disagio condiviso. Forse è ora di rallentare. 

Marzio Dall’Acqua 

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