Può il batter d’ali di una farfalla in Brasile, provocare un tornado in Texas?
Natura, ambiente, habitat, territorio, ecologia con le sue molteplici branche, biodiversità e, la più articolata e complessa, paesaggio sono solo alcune delle denominazioni che si sono succedute nel tempo – anzi in tempi recentissimi, misurabili sul ritmo della vita di ciascuno di noi – per indicare e comprendere il nostro rapporto con il mondo che ci circonda, passando da una contemplazione estetica ed estatica alla coscienza dell’imminente catastrofe ambientale che incombe subdola e mortale. I nomi non sono
Siamo noi gli assassini del nostro stesso mondo.
Dal cosmos degli antichi che era universo ordinato, insieme ideale più che reale, fonte di bellezza e moralità, siamo passati alla disperata illusione di salvare quello che venivamo distruggendo con la creazione di parchi, mentre dipingevamo, prima, o fotografavamo poi luoghi che ci raccontavamo incontaminati, ma che in realtà rispecchiavano solo la nostra ansiosa progettualità: spazi antropizzati da un lavorio spesso millenario e ci raccontavamo storie rasserenanti e confortanti sulla bellezza della natura. Non è un caso che la pittura di paesaggio, un tempo relegata nelle accademie in un ruolo marginale, abbia prevalso su quella di storia e sia cresciuta rapidamente, proprio mentre nasceva, si affermava ed espandeva l’industria e il suo onnivoro bisogno di trasformare il mondo, senza alcun rispetto.
In pochi decenni la scienza ha elaborato una serie di schemi e conoscenze che hanno travolto un mondo che relegavamo nella continuità di una scenografia rasserenante, nella percezione individuale tra contemplazione e piacere, nella insensata e sedativa illusione che da qualche parte, in qualche angolo di mondo sopravviva un eden incontaminato, crogiolandosi in una estetica del paesaggio che in realtà serviva per nascondere i veri problemi.
E mentre cerchiamo di conoscere, di prevedere e di rallentare se non invertire un processo in atto ecco che abbiamo la consapevolezza che il nostro sapere è insufficiente e con Edward Lorenz. che fu il primo, nel 1962, ad analizzare l’effetto farfalla in uno scritto pubblicato nel 1963 preparato per la New York Academy of Sciences, ci chiediamo: “Può il batter d’ali di una farfalla in Brasile, provocare un tornado in Texas?”.
Domanda angosciante nata nell’ambito della fisica e della matematica, per cui l’effetto farfalla è una locuzione che racchiude una delle nozioni presenti nella ‘teoria del caos’: quella di dipendenza sensibile alle condizioni iniziali. La teoria del caos è lo studio, attraverso modelli propri della fisica matematica, dei sistemi dinamici che esibiscono una sensibilità esponenziale rispetto alle condizioni iniziali. Inquietudine che dai laboratori e dalle aule si è diffusa a macchia d’olio nelle coscienze e nel sentire più generalizzato, come un’ombra che offusca e raffredda fantasie e speranze.
Questa situazione psicologica la ritroviamo nei cartoon presentati nel 2023 al World Humor Awards dedicato al tema della “Biodiversità”, molti dei quali incentrati sull’idea della fuga, della ricerca di una via di salvezza – e non solo da parte dell’uomo, ma anche degli animali -, magari in un altro pianeta ed in un altro universo o aggrappandosi al biblico mito dall’arca di Noè, l’iconografia maggiormente diffusa e comune. Ma c’è anche l’amara coscienza che il tutto è simbolicamente racchiuso in quel passo pesante impresso nella fragile e cinerea polvere lunare che racchiude in una sola immagine l’inizio della storia umana e la sua fine, quel “piccolo passo per un uomo, un grande balzo per l’umanità” di Neil Armstrong il 20 giugno 1969, apparentemente così epico, che in realtà rischia di dover essere pagato con la distruzione dell’intero pianeta. Così la terra nello spazio non è più il cosmo armonioso greco ma soffre e si sfalda e desertifica. Oppure l’uomo è posto, in alcune vignette, di fronte agli animali che lo accusano, ad incominciare da quelli in via di estinzione, o che egli vorrebbe dirigere o imbottigliare. Spesso sono gli animali selvaggi, quelli delle foreste, un’immagine che ha un retaggio ideologico e culturale ormai superato, poiché la biodiversità ha nell’agricoltura e bell’allevamento le maggiori leve per la sua fine. Ma l’uomo non ha testa, non ha sapere né progettualità ed è il suo cervello che precipitando, come fece il meteorite dello Yucatan con i dinosauri, estingue la vita. Ci si gioca tutto nel DNA. In alcune immagini torna il sogno del paesaggio come pittura, come arte e la sua impossibilità ed inattualità. In diversi cartoon si denuncia l’impossibilità di salvarsi da soli, di creare un’isola di verde, una riserva naturale, che sopravviva nella desolazione e ci si rende conto che è l’agricoltura, la deforestazione, l’industria, la monocultura e l’urbanesimo selvaggio che contribuiscono al mutamento climatico.
Questi, e non solo, i temi relativi al nostro concorso che più che mai questo anno si muove “dal Mondo piccolo al Mondo grande”.
Per quanto riguarda le caricature inutile dirlo la fa da leone quella di re Carlo III con soluzioni veramente inventate e al limite della deformazione impossibile che si giustifica proprio per la fisicità quasi caricaturale del personaggio e la sua storica decennale silenziosa attesa alla successione. Oltre al fatto che sue immagini più o meno manipolate o parodiate da sempre si susseguono sulla stampa internazionale, arrivando a pochi tratti essenziali, segni isolati ma ancora significativi, in una riconoscibilità che è accentuata dalla ripetitività con cui sono diffuse dai mezzi di informazione di massa. E’ l’eterno sogno della caricatura di raggiungere la vetta di Charles Philipon (Lione, 1800-Parigi,1861) con la celeberrima sintesi che trasformava re Luigi Filippo di Francia in ‘les poires’, le pere.
Mentre ancora si salva una traccia del fascino e della bellezza di Charlotte Rampling, Harrison Ford non viene deformato, per cui l’avventura e la suggestione del personaggio non lo penalizzano eccessivamente, mantenendone la affascinante e suggestiva riconoscibilità che, del resto è un dato costante della caricatura che tenta di comprendere il misterioso meccanismo dell’identificazione personale. nel gioco delle somiglianze fisionomiche, di una difficile singolarità da definire.
Parma, nel solstizio d’estate 2023
Marzio Dall’Acqua
Commenti recenti